La prognosi dei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta recidiva o refrattaria è sfavorevole e sono necessarie nuove terapie.
Uno studio ha valutato la fattibilità, la tollerabilità, la dosimetria e l'efficacia della radioimmunoterapia con Epratuzumab tetraxetano Ittrio-90-marcato anti-CD22 ( 90Y-DOTA-Epratuzumab ) per la leucemia linfoblastica acuta a cellule B CD22-positiva refrattaria o recidivata in uno studio di fase 1.
Adulti di età uguale o superiore ai 18 anni con leucemia linfoblastica acuta a cellule B recidivata o refrattaria, con espressione di CD22 su almeno il 70% dei blasti, sono stati arruolati presso 6 Centri in Francia.
I pazienti hanno ricevuto un ciclo di 90Y-DOTA-Epratuzumab nei giorni 1 e 8 ( 2 giorni ) successivamente a uno dei quattro livelli di dose: 2.5 mCi/m2 ( 92.5 MBq/m2; livello 1 ), 5.0 mCi/m2 ( 185 MBq/m2; livello 2 ), 7.5 mCi/m2 ( 277.5 MBq/m2; livello 3 ) e 10.0 mCi/m2 ( 370 MBq/m2; livello 4 ).
L'obiettivo primario era quello di identificare la dose massima tollerata di 90Y-DOTA-Epratuzumab.
È stata valutata la sicurezza durante l'infusione e regolarmente dopo la radioimmunoterapia nel corso di un periodo di 6 mesi.
Le analisi hanno incluso solo i pazienti che hanno ricevuto radioimmunoterapia.
Tra il 2011 e il 2014, 17 pazienti ( età media 62 anni ) sono stati trattati ( 5 al livello 1, 3 al livello 2, 3 al livello 3 e 6 al livello 4 ).
L’infusione di radioimmunoterapia è stata nel complesso ben tollerata. Un effetto tossico dose-limitante ( aplasia della durata di 8 settimane ) si è verificato al livello 4, ma la dose massima tollerata non è stata raggiunta.
I più comuni eventi avversi di grado 3-4 sono stati pancitopenia ( 1 paziente al livello 2, 1 al livello 3 e 6 al livello 4 ) e infezioni ( 3 al livello 1, 1 al livello 2 e 5 al livello 4 ).
In conclusione, la radioimmunoterapia con 90Y-DOTA-Epratuzumab è risultata ben tollerata.
Viene consigliata la dose di 2 x 10.0 mCi/m2 separate da una settimana per ogni ciclo per gli studi di fase 2. ( Xagena2015 )
Chevallier P et al, Lancet 2015;2:e108-e117
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